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venerdì 19 dicembre 2008

Vittima della violenza fascista. Ricorre il trentennale

La città di Bari ricorda Benedetto Petrone
Trent’anni fa’ moriva assassinato da una squadraccia fascista. Il ricordo è vivo, ma istituzioni e magistrati avrebbero potuto fare di più.



Trent’anni fa moriva Benedetto Petrone. Mercoledì scorso a Bari ci sono state diverse manifestazioni commemorative. Momenti intensi, commoventi, da far venir la pelle d’oca.
Da rizzare i peli sono anche i comportamenti della magistratura e delle istituzioni.
A tre decenni di distanza si solo limitati ad intitolare col nome della giovane vittima della violenza fascista, una remota strada di periferia, delimitata da abusive discariche a cielo aperto e poco distante dallo stadio San Nicola.
Per quanto riguarda la cronaca giudiziaria, solo uno dei componenti dalla squadraccia che uccise barbaramente l’indifeso Petrone, fu seriamente condannato: Pino Piccolo. Utilizzato da capro espiatorio, si rifugiò dapprima in Germania, poi estradato, arrestato e condannato, si suicidò in carcere. La vigliaccheria, tipico comportamento fascista, che contraddistinse già il suo fondatore che si faceva definire “il duce”, la fa da padrona in questa drammatica storia realmente accaduta alla fine degli anni Settanta, che ebbe il suo epilogo in piazza Prefettura, in quel di Bari. Vigliacchi a tendere una trappola ed a prendersela con un poliomielitico, claudicante, disarmato. Vigliacchi ad abbandonare il loro commilitone. Vigliacco il commilitone stesso a dichiararsi infermo di mente e poi a suicidarsi. D’altronde l’atteggiamento da pusillanime delle camicie nere si è sempre contraddistinto, basti pensare, per esempio a come furono depistate le indagini delle strage di Bologna, ma quella è un’altra storia.
Gente della Bari bene che non solo l’ha fatta franca, ma ha governato la città nei decenni successivi e tutt’ora possiede prestigiose attività commerciali nel centro cittadino. Questa gente per anni ha cercato di mettere nel dimenticatoio quell’accadimento. La memoria della gente, però, non si cancella. Il ricordo è vivo non solo negli attivisti dell’epoca, ma anche nella gente comune. Gente di Barivecchia ha tramandato la storia di un ragazzo semplice, bravo, buono, ammazzato da persone malvagie. Gente normale, lavoratrice, ha raccontato ai propri figli ciò che avvenne quella maledetta sera e le conseguenza che ne derivarono nei giorni successivi. Sede della M.S.I. devastata, vetrine distrutte e fasci che non uscirono di casa. E qui ritorna la viltà di questi che fanno la politica con il coltello: attaccano in gruppo, ma se vengono presi in minoranza, negano di essere dei fasci, al contrario del comunista che le prende in silenzio.
Ammazzarono Benny come una bestia. Le bestie erano e sono loro. Benedetto Petrone, per come lo descrivono i compagni che vissero attivamente la politica in quegli anni difficili, era un ragazzo d’oro. La mattina lavorava al mercato. Umile operaio. Instancabile frequentava anche la scuola serale. Gli piaceva frequentare gente istruita, voleva elevarsi socialmente e culturalmente e voleva salvaguardare la sua Barivecchia dai giochi di potere.
La sorella di Benedetto avrebbe voluto che si intitolasse una strada di Barivecchia in sua memoria. Altra gente avrebbe voluto che si cambiasse il nome di piazza Prefettura, rimpiazzandolo con quello di Benny. Non sarà mai abbastanza. Non si può tornare indietro per salvargli la vita, ma pensare che certi criminali non hanno pagato, sono stati ignorati dall’ autorità giudiziaria, lascia molta amarezza.


Francesco Favia


lunedì, 03 dicembre 2007



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