www.nonsolocronache.com

LO SPAZIO PIU' CULT DELLA RETE
attualità, arte e cultura

Cerca nel sito

Condividi su...

Bookmark and Share

domenica 21 dicembre 2008

Forma d'arte, demagogia... o voce del popolo?

Dopo i politici, anche gli artisti si ergono a paladini. I lavoratori vengono definiti eroi e chi li definisce tali intasca senza lavorare.

In un mondo sempre più sconvolto dalle ingiustizie e dai soprusi dei potenti, dagli stipendi irrisori e dal beffardo caro vita, c’è chi coglie la palla al balzo per innalzarsi a paladino di noi disgraziati e mettersi in tasca guadagni che in nome dell’arte, non sono senz’altro sudati.
Sicuramente ben vengano le forme d’arte che in qualche modo rappresentino le difficoltà dei più deboli, ma, io che voglio pensar male, non sono convinto che lo facciano per puro senso di rivalsa morale. Apprezzabili dunque le ultime fatiche di Virzì, Caparezza, gli show di Grillo, ma senza noi precari, noi operai, noi vittime di multinazionali e parlamentari, non mangerebbero. Sarebbe toccato anche a loro impazzire in un call center, "spaccarsi le nocche sotto il sole", sudare, affaticarsi per uno stipendio che non basta nemmeno per sopravvivere.
Per prendere un esempio specifico, consideriamo il signor Salvemini da Molfetta, alias Caparezza. Un ragazzo umile, che non si è montato la testa nonostante il fortunato successo. Figlio di un operaio ed una maestra, tutt’oggi vicino alla realtà molfettese, nel suo ultimo singolo, interpreta l’operaio Luigi delle Bicocche. Mette in musica la voce di tutti noi poveracci. Probabilmente, o almeno si spera, avrà preso spunto da qualche persona a lui vicina. Potrà risultare anche una bella canzone, sicuramente dal testo significativo, tuttavia c'è qualcosa che non mi convince. Scusatemi. Se forse questa canzone si fosse trovata in un suo primo album, sarebbe stata più apprezzabile, ma cantata da chi ora è affermato. Non saprei. Accusato da sempre di far un uso ridondante di banale retorica, in questo caso ha superato se stesso, arrivando a proporre un incipit per una nuova corrente musical/artistica: la demagogia artistica.
Facendo un paragone, Fabri Fibra, parlava delle sue problematiche col lavoro nei suoi dischi underground. Era credibile, poiché lavorava per campare. E poi descriveva frustranti sensazioni e inquietanti stati d’animo. Ora descrive il mondo dello spettacolo e della discografia. Caparezza, probabilmente dovrebbe più cantare di sensazioni autobiografiche, piuttosto che interpretare un ruolo che non gli si addice, ossia il muratore, uno dei mestieri più massacranti che ci siano.
Demagogico, al punto tale che sembra che stia cercando di accaparrarsi più fan possibili, giocando la carta del lavoro e di tutte le sue brutture. Un vero e proprio sfruttamento di certi temi e certe problematiche sociali. La canzone “Eroe”, seppur orecchiabile e rappresentativa, mi sembra fuori luogo cantata da una persona che, a quanto pare, non ha mai lavorato più di tanto nella sua vita. Ci sono tanti artisti che si sono fatti il cosiddetto “mazzo”, prima di sfondare, ma non si sono mai eretti a paladini della società. In un'intervista, il signor Salvemini, disse che provò a fare il grafico, ma non ebbe fortuna. Eppure il talento non gli mancava, vinse anche una borsa di studio. Era forse la voglia di lavorare a mancare? Non so, mi sovviene Fabrizio Moro, che faceva il facchino fino a poco tempo fa’. È vero, di sua proprietà intellettuale è “Pensa”, ma quella, a mio avviso, è una canzone che fa riflettere, molto coraggiosa. Ce ne sono tanti di cantautori e scrittori che hanno fatto di tutto per campare: Albano, Luciano Ligabue, ricchissimo ora, ma sempre fiero di aver lavorato anche in campagna per racimolare qualche soldo. Oppure, prendendo una macchina del tempo, vi posso portare alla memoria, l’irriverente Charles Bukowski che nei suoi libri ridicolizzava i suoi datori di lavoro, spesso cinici sfruttatori. Diverso è, l’autoproclamarsi eroi, interpretando la gente che si deve compiacere per puri scopi di lucro. Io diffiderei di chi scrive solo ed esclusivamente canzoni a carattere sociale. Molto meglio chi, canzoni del genere, le riserva per occasioni e/o iniziative speciali. Il caso più noto è senza dubbio “Il mio nome è mai più” di tre mostri sacri del panorama musicale italiano, ma ci sono anche altri casi.
Indubbiamente la maggior parte dei lettori vorrà linciarmi, soprattutto i fan degli artisti da me citati, ma d’altronde siamo, sulla carta, in democrazia. Mi sono limitato ad esprimere un parere, credo oggettivo. Un’opinione su alcune linee artistiche. Senza turpiloqui ho esposto le mie impressioni. E poi… non era internet il mondo della libertà di opinione, espressione e parola????
Ribadisco che provocatoriamente ho voluto pensar male, ma come si dice… a pensar male, raramente si sbaglia.

Francesco Favia


Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001


www.nonsolocronache.com

Di' la tua, lascia un commento.




Tutto sul lavoro e sulla crisi economica, leggi

1 commento:

  1. Il signor Salvemini non conosce un giorno di lavoro e sfrutta le problematiche dei lavoratori per vendere dischi. E al di là dei testi retorici, sembra che lo faccia apposta a fare dei ritornelli, non solo orecchiabili, ma ballabili, in modo da guadagnare con i soldi dei diritti d'autore, che ci guadagna dalle discoteche che tanto critica. I primi dischi di Caparezza mi piacevano anche, ma ora è davvero poco credibile.

    RispondiElimina