www.nonsolocronache.com

LO SPAZIO PIU' CULT DELLA RETE
attualità, arte e cultura

Cerca nel sito

Condividi su...

Bookmark and Share

mercoledì 9 febbraio 2011

A Bari si rappa la realtà con Walino, Toki e il Nano

Qui il neorealismo suona duro per le strade della città
In esclusiva, chiacchierata con Nico, in arte Walino

Walino, Toki, Il Nano, Giuan. La scena hip hop è viva e ben presente anche a Bari ed è tanta roba di qualità. Ognuno con le sue storie, ognuno con le sue rime, ognuno col suo stile, questi ragazzi di vita raccontano e descrivono ciò che vedono quotidianamente nelle strade di Bari. Spaccio, abusi, prepotenze. Se il rap è un mezzo di denuncia, ben vengano le rime su tali argomenti.
Attenzione però. Questi ragazzi denunciano anche abusi sulla propria persona e la rabbia verso certe ingiustizie che spesso accadono dalle nostre parti e l’ascoltatore ci si rispecchia e canta con loro, mentre la loro voce incazzata esce a palla dalle casse dello stereo.
Cliccatissimi su Youtube, in città tutti parlano di loro. Il segreto del successo? Raccontano verità.
Toki lo fa citando anche antichi modi di dire e detti tipici del capoluogo pugliese e sottolinea con orgoglio che è nato e cresciuto tra i quartieri Carrassi e San Pasquale, dove ha imparato quanto la vita è amara. Il pregio di Toki, a mio avviso, è la sottile ironia con la quale riesce a sdrammatizzare la cruda realtà di certi stili vita che molti baresi conducono.
Il Nano, ragazzo dotato di gran talento, canta, rigorosamente in lingua barese, che qui da noi si sputa sangue, manca il lavoro e chi se l’è creato deve pagare il pizzo ai malavitosi e Il Nano ci tiene a ricordare che con questa gente non si scherza, meglio non contraddirla per non andare incontro a spiacevoli conseguenze.
I temi sono molto simili si parla di baby spacciatori, rapine, scippi, ma quello che, sempre secondo il mio umile parere, colpisce nel segno, forte come un pugno, è il pezzo di Walino. Il suo vero nome è Nico, ma da sempre chiamato dai suoi compagni di quartiere Walin’ tutt’ stil, ovvero Pasqualino tutto stile, modo di dire barese che intende sottolineare la cura nel vestirsi di una persona.
In “Iè chess realdà” , in italiano “E’ questa la realtà”, racconta le vicissitudine degli abitanti del Quartiere. “U’ Quartir iun è ditt inda tutt la città” come cita la canzone. Enorme quartiere periferico, il quartiere San Paolo, più noto come CEP, acronimo di Centro Edilizia Popolare o acronimo anche di Centro Elementi Pericolosi, è lo scenario della canzone e del video, girato in bianco e nero tra le strade del suddetto quartiere.
Prodotto dallo Studio Cromiae il video incornicia volti, sguardi, edifici dormitori, elettrodotti, scantinati usati come luoghi di ritrovo e dove ci si dedica ad attività ludiche come la “passatella” o, nel caso di Walino, ci si dedica a fare musica. Walino, parole vere, dure, mai banali.
Su Facebook gli dico che mi ricorda un mio zio, credetemi, è uguale.
Mi risponde che sarà che noi povera gente ci somigliamo tutta. Mi dice di essere contento che il messaggio arrivi all’ascoltatore. “La sofferenz la tnime ind all ecchiè, ma sciam nanz u stess” Mi dice. “Hai ragione e credimi, non è retorica, la retorica la fanno Jovanotti, Caparezza, no noi poveracci che ci sbattiamo ogni giorno per due spicci” gli rispondo.
“Yes, man. Esatto non ci fermiamo mai, appena ti fermi sei perduto” Continua il discorso Walino
Io continuo con i complimenti e lo invito a fare un video sul pezzo “Ji so' zamb adaver”, lo trovo fortissimo quel pezzo. Gli confesso che ho tormentato anche la mia raga, in macchina lo mettevo a ripetizione.
“Ma sai che tu e gli atri ragazzi siete argomento di conversazione?” gli faccio “Una sera ne stavamo parlando a cena, e sostenevamo tutti che tu sei il più bravo.”
“Chi?” risponde incuriosito
“Credimi”ribadisco e delucido “Io con dei colleghi, e ti parlo di ultratrentenni”
“Io ho 30 anni quasi” mi dice, poi mi spiega “io sono stato il primo, poi tutti hanno cominciato a fare i video sul filone del mio.”
“Si, classe 1981, per questo viaggiamo sulla stessa linea” gli dico
“Yo!” mi fa “sono contento di essere motivo di conversazione.”“Continua così!”
“Grazie!”
“Tu, dopo Geryl, sei l'unico che mi ha colpito davvero tra i ragazzi di Bari”
“Grazie mille per il supporto e la fiducia.”
“E a Geryl, dopo che lo notai io, quando aveva pochissime visualizzazioni su Youtube, lo hanno poi notato quotidiani locali e poi Telebari, o per farti un altro esempio, io parlavo in giro di Checco Zalone, quando non se lo cagava nessuno su Telenorba, e poi ha sfondato” gli parlo da gran intenditore “Io ho occhio, continua così.” E mi dilungo “Poi a Geryl l'hanno preso a Verde di Rabbia, spero che anche a te propongano qualcosa, il talento va premiato. Mi dice che
su Telebari ci era andato a rilasciare un’intervista. Il giorno stesso, la sera, andai a vedere un suo live in un noto locale della città e devo dire che anche dal vivo, Walino e il suo gruppo “The Concept” spacca di brutto.
Rap, hip hop, musica amatoriale, neorealismo musicale? Definitela come volete questa musica, ma io conosco a fondo la parola sfruttamento.
Per esempio, ed è uno dei tanti casi, quando lavoravo sulle ditte di trasporti, prendevo 500 euro e lavoravo spesso dalle 5 di mattina fino alle undici di sera a volte. E quei spicci che davano quei bastardi, non li volevano nemmeno dare!!!! Li davano ad "acconti" e facevano i furbi, dicendomi che mi avevano dato una cifra avanti, che non corrispondeva, poi, a quanto effettivamente anticipato. Ovviamente arrivando sul pesante, a rischio di fargli chiamare la polizia, riuscii a farmi avere tutto. Kid kin d' merd. E questi al capannone avevano motori di grossa cilindrata, il motoscafo, macchinoni e poi ai camionisti, molti di questi albanesi,e a altri poveri a loro (ed io appresso a loro), gli davano 700-800 euro
E guidavano tutto il giorno su camion e camioncini fatiscenti col rischio di ammazzarsi.
Ma sono tutti così. Anche ad una ditta di infissi, uno degli ultimi lavori prima di Transcom (l’azienda per la quale lavoro da più di un anno ormai), il titolare aveva gippone, motore, commare (amanti) e poi doveva un sacco di stipendi all'operaio che gli portava avanti praticamente la ditta e a me se ne usciva con trecento-quattrocento euro al mese e mi rubava le giornate (non contandole) quel figlio di puttana. E mi spaccavo davvero la schiena, ricordo le porte blindate, inferriate, macigni da salire a piedi anche per sette, otto piani. Se non mi venne l’ernia quella volta, non credo che mi verrà più.
Tutto questo per dire di non prendere alla leggera questi ragazzi, loro cantano verità, l’amara realtà di una Bari e di un sud dedito alla sfruttamento e alle “malazioni”.

Francesco Favia


www.nonsolocronache.com
Di' la tua, lascia un commento.






Nessun commento:

Posta un commento