Approfondimento
a cura della Dott.ssa Alessia Maria Di Biase
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Dott.ssa Alessia Maria Di Biase |
Recentemente la
Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sulla seguente questione:
L’invio reiterato di mails ad una persona (nella fattispecie la ex fidanzata),
al fine di cagionarle sofferenza e privarla della serenità come deve essere
punito?
Gli elementi costitutivi del reato: due sono
le fattispecie criminose che vengono in rilievo: la molestia e lo stalking. Per
quanto riguarda il primo reato, disciplinato dall’art.660, titolo I, libro III
del vigente codice penale, scopo della norma è quello di tutelare la
tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine
pubblico, sicché l’interesse privato, individuale, riceve una protezione
soltanto riflessa.
Perché una condotta, valutata secondo la
psicologia normale media, assuma rilievo, ai fini della configurabilità del
reato in parola, non è sufficiente che essa sia di per sé molesta o arrechi
disturbo, ma è altresì necessario che sia accompagnata da “petulanza o altro
biasimevole motivo”, in tal caso l’agente è punito con l’arresto fino a sei
mesi o con l’ammenda fino a 516,00 euro.
Con la prima caratteristica deve intendersi
un modo di agire del soggetto pressante, indiscreto e impertinente, che
sgradevolmente interferisca nella sfera della libertà e della quiete di altre
persone, pur nella consapevolezza di non essere gradito; mentre la seconda
accezione è riferita ad ogni altro riprovevole movente che abbia praticamente
gli stessi effetti della petulanza.
E’ indubbio che l’invio di continue e-mails,
senz’altro invade la libertà personale di un soggetto, arrecandole turbamento e
disturbo, ma, il comportamento pur essendo di per sé, oggettivamente molesto,
tuttavia se non sorretto da una condotta “petulante o da altro biasimevole
motivo” che, alla luce di quanto appena detto, è elemento necessario ai fini
della configurabilità della contravvenzione presunta, non è punibile a norma
dell’art.660 c.p..
Sul delicato argomento, in diverse e ripetute
occasioni si è pronunciata la Suprema Corte, sostenendo che sono considerati
atteggiamenti molesti, tutti quegli atteggiamenti come ad esempio, il
pedinamento, l’indesiderato corteggiamento, il continuo invio di sms
telefonici, il disturbo recato col mezzo del telefono o altri mezzi analoghi di
comunicazione a distanza.
Ciò non di meno, è necessario citare una
recente sentenza (Cass. Civ. n. 24510/2010), nella quale i giudici della Corte
di Cassazione, chiamati a pronunciarsi sulla questione, hanno affermato che
l’invio di un messaggio di posta elettronica che provochi turbamento o fastidio
nel destinatario, non rientri nella condotta della disposizione di cui all’art.
660 c.p.. Invero tale condotta , potrebbe invece essere compresa nella più
grave e ampia categoria degli “ atti persecutori” disciplinati dall’ art. 612
bis, c.p.,introdotto con il D.L. 23 Febbraio 2009, n.11 (decreto Maroni),
comunemente chiamato “stalking”, posto che la norma punisce per tali fatti,
chiunque attraverso condotte reiterate, minaccia o molesta una persona in modo
tale da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia e di paura.
La fattispecie in questione è punita con pene
ben più severe rispetto al reato di molestia.
In tal caso infatti, il colpevole è punito
con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Cionondimeno la pena è aumentata qualora il
fatto sia compiuto dal coniuge, separato o divorziato, ovvero in danno di un
minore e negli altri casi previsti dalla legge.
La fattispecie in questione è punita con pene ben
più severe rispetto al reato di molestia.
In
tal caso infatti, il colpevole è punito con la reclusione da sei mesi a quattro
anni.
Cionondimeno la pena è aumentata
qualora il fatto sia compiuto dal coniuge, separato o divorziato, ovvero in
danno di un minore e negli altri casi previsti dalla legge.
Pertanto, tornando al caso in
esame, anche se, ricevere continuamente mails, tanto più che indesiderate, a
parere della giurisprudenza non costituisce il reato di molestia, non si può
certo affermare che il fatto non sia però idoneo a procurare turbamento nell’animo
di chi le riceve.
Infatti, il soggetto destinatario del messaggio, seppure non costretto a
leggerlo, è comunque costretto a visualizzarlo nella propria casella di posta
elettronica, venendo così violato, oltre alla propria libertà personale anche
il diritto costituzionalmente garantito posto a tutela della libertà della
corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (art.15 Cost.).
Appare probabile quindi, che, per le ragioni considerate, nei confronti di chi
invia continuamente e-mails contro la volontà del destinatario, venga
ipotizzata una responsabilità punibile ex art. 612 bis c.p..
Dott.ssa
Alessia Maria Di Biase
www.nonsolocronache.com