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venerdì 23 dicembre 2011

Governo Monti, dopo le tasse, gli aumenti e le pensioni, adesso si pensa ad attuare la riforma del lavoro.

L’Italia, le nostre vite, affidate ad un governo tecnico
Riusciranno a salvarci? L’editoriale di Francesco Favia


Governo un po’ medico, un po’ supereroe

Tra le riforme delle manovra “salva Italia” del Governo Monti, fa molto discutere negli ultimi giorni la riforma del lavoro ed in particolare il punto dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero quello che afferma che il licenziamento è valido se avviene per un giustificato motivo.
Subito c’è stato l’alt dei sindacati, pronti a criticare le proposte della Ministro del Lavoro Elsa Fornero.
Un governo tecnico essenzialmente voluto dall’Europa, per salvare la nostra nazione da ulteriori tracolli, che avrebbero ulteriormente danneggiato non solo l’economia europea, ma probabilmente anche l’immagine nel nostro continente al cospetto del resto del mondo.
Per il momento le azioni di questo governo tecnico hanno lasciato l’amaro in bocca a molti italiani, dinanzi alle diverse tasse e i diversi aumenti imposti. Molti poi che erano prossimi alla pensione, ormai rimandata di diversi anni, sono rimasti letteralmente basiti. Sarà dura per un ultrasessantenne continuare a fare l’operaio, alzare pesi, fare turni di notte o anche resistere allo stress di alte tipologie di lavoro, all’apparenza non particolarmente usuranti. Sarà dura per le loro coronarie.
Azioni che sono servite per salvare un malato terminale, per usare la frequente metafora adoperata dai rappresentanti di questo supereroico governo.
Adesso stanno lasciando non pochi aloni di perplessità le intenzioni del governo di migliorare le condizioni lavorative in Italia, cercando di aumentare le possibilità di assunzioni e cercando, finalmente, di abolire il precariato.


Articolo 18, agnello sacrificale


Senz’altro è da capire chi ha un lavoro da tanti anni e vorrebbe difenderlo, ma non credo che l’articolo 18 sia sostanzialmente un’arma di difesa. Paradossalmente spesso diventa un’arma di suicidio, causa spesso di mobbing e di forti pressioni psicologiche e soprusi dell’azienda che per anni ha sfamato il lavoratore. Ciò non toglie che magari il lavoratore abbia contribuito fortemente alla produttività aziendale, ma se così fosse, non si avrebbe motivo di licenziare il dipendente.
A volte però si abusa di questo diritto e ci si appella troppo facilmente ai sindacati, specie quando un sindacato stesso ha inserito un lavoratore in un determinato contesto lavorativo; altre volte i sindacati prendono ulteriormente in giro, chi magari si era sudato il posto, dando un’ ulteriore beffa a un povero Cristo, impotente davanti alla compiacenza tra azienda e sindacato.
Dunque se il sacrificio di quest’agnello servisse ad abolire tutte le forme di precariato, che sia fatto fuori l’articolo 18.
Tanto in questo periodo di crisi, è facile trovare giuste cause da parte delle aziende. Mancanze di commesse, perdita di appalti, non si vende più, non si fattura più e via con i tagli del personale. 
A questo punto, crisi per crisi, cercassero di favorire le assunzioni, quindi contratti a tempo indeterminato per tutti, da subito, con maggiori tutele col passare degli anni e quindi con l’acquisizione dell’anzianità di servizio.
Certo se si mettesse in pratica tutto questo, dovrebbero mettere in pratica anche quello che hanno detto sugli ammortizzatori sociali.
E se i sindacati non sono d’accordo è perché hanno i loro interessi da difendere, non certo quelli dei lavoratori. Negli  ultimi anni hanno perso gran parte della loro credibilità, con un provvedimento del genere perderebbero gran parte della loro presunta utilità.
Alcuni esponenti delle classe politica sostengono che non si eliminerebbe la precarietà, essendo alla fin fine dei contratti a tempo indeterminato molto instabili, che favoriscano il potere di licenziamento.
Al sottoscritto, cittadino del Sud, preoccupa in realtà un altro aspetto. L’aumentare del lavoro nero, molto presente prima che lo legalizzassero con i vari contratti di collaborazione privi di ogni tutela e qualsiasi minimo diritto. Assumere un lavoratore costa, è non sarà di certo il favorire l’azienda a licenziare un dipendente ad agevolare le assunzioni.


Un malato che non vuole guarire


L’Italia è un malato che non vuole guarire, un tossico che non vuole disintossicarsi.
Gli evasori sono tanti, tantissimi e spesso a farne le spese sono i lavoratori stessi, con contratti e buste paga non corrispondenti alla realtà del lavoro svolto.
L’Europa chiede che il nostro Paese si adegui alle più forti economie mondiali, quindi partendo dalla base della produttività, i lavoratori. Quindi contratti più stabili, ma più flessibili, ma con più facilità di reinserimento nel mercato del lavoro. Così funziona spesso all’estero. Ce la farà l’Italia, Paese di piccole imprese di artigiani, di piccole fabbriche, di imprese agricole a restare al passo coi tempi?
Un Paese dove la globalizzazione si è dovuta adeguare, dove spesso le multinazionali per ottenere gli appalti, si sono visti comunque costretti ad assumere gli amici di amici!
Un Paese fermo da 15 anni, dove la mia generazione non ha ottenuto nessuna stabilità, dove i raccomandati sono fieri di ammettere di aver avuto un posto perché conoscevano Tizio o Caio, e dove molti miei coetanei sopravvivono a progetto!
Un Paese costretto ad emigrare, perché qui non c’è posto!
Un Paese vittima dell’industria universitaria, produttrice di masse di disoccupati sognanti un posto stabile nel terziario che abbonda in un Paese obsoleto, dove noi meridionali e gli immigrati riuscivamo, fino a non molto tempo fa’, a stabilizzarci in qualche fabbrica del nord.
Io non so che fine faremo. Abbiamo toccato il fondo già da un po’. Sprofonderemo come la Grecia?
Per il 2012, anno della fine del mondo secondo le profezie Maya, è prevista recessione, il prodotto interno lordo diminuirà.
Mi stupirei se presto terminerà questa flessione, dato che non si è fatto che creare generazioni di precari, impossibilitati a crearsi un futuro e di conseguenza a spendere, bloccando di fatto l’economia del Paese in un assurdo e forse voluto circolo vizioso.
La politica è fatta di chiacchiere. Le chiacchiere, si sa, non riempiono lo stomaco. Il governo Monti ha fatto i fatti, operati poco graditi per il momento, anche se molti concordano sulla necessità di questi aumenti, queste tasse. Speriamo che continuino attuando una rigorosa riforma del lavoro, adeguando l’Italia al resto del mondo civilizzato.

Francesco Favia

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