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venerdì 6 marzo 2009

Reportage sulla crisi del lavoro

Da New York a Bari. Da Massimo Gaggi a Francesco Favia.

New York, capitale del mondo, non poteva che essere lo specchio della società, la quale, come ben si sa, sta vivendo una forte crisi economica. Le “job fair”, fiere delle opportunità lavorative, o come scrive Massimo Gaggi su Corriere.it, fiere del bisogno, sono prese da assalto da migliaia di aspiranti lavoratori.
In una di queste, organizzata da Monster.com a New York, si sono contati almeno cinquemila candidati per un posto di lavoro. Tutti in fila presso gli stand della varie aziende. E non crediate che questa gente in cerca di lavoro sia tutta giovane, magari neolaureata, e di belle speranze.
Speranze ci sono, belle non si sa, ma non manca la sicurezza di riuscire a rialzarsi. Infatti, molta di questa gente è nel bel mezzo della vita. Per questa forte crisi, molte aziende si sono viste costrette a tagliare il personale, lasciando senza lavoro tanti lavoratori. Tra questi non si fa fatica a trovare anche dei cinquantenni, se non addirittura dei sessantenni che dichiarano di non riuscire restare a casa a godersi la pensione.
Tra le varie testimonianze riportate nel reportage di Gaggi,
http://www.corriere.it/economia/09_marzo_06/gaggi_manager_banchieri, troviamo manager soddisfatti di quel che hanno realizzato finora, ma con l’umiltà di ricominciare da lavori meno appaganti pur di non essere estromessi dalla società. O chi un lavoro ce l’ha, ma cerca qualcosa di più gratificante, come quel vigilante che si propone come commesso, pur non sapendosi vedere dietro un bancone.
Bravissimo Massimo Gaggi nel far notare l’amaro contrasto tra la circostanza e il luogo che la ospita. Migliaia di gente che cerca di avere o di riavere un’opportunità di lavoro per sopravvivere per lo meno in una giungla metropolitana come New York e questa ricerca avviene nel lusso di un hotel a cinque stelle.
I candidati, comunque, aggrappati ad un sano ottimismo, si rendono flessibili, accettando le opportunità più disparate, adeguandosi a questa strana realtà contemporanea.

Bari - L’articolo di Massimo Gaggi su Corriere.it è un triste spaccato della difficile situazione che il mondo sta vivendo. Sembra che tutto il globo, persino la leggendaria New York si sia trasformata in una città del sud Italia. E parlo da meridionale, tranquilli, non sentitevi offesi. Gente che perde il lavoro a trenta, quarant’anni nel merdione o per lo meno a Bari, la mia città, non è difficile da trovare. Spesso, molta di questa gente, ha svolto per molti anni mansioni da operaio generico o magari proprio come vigilante come quel ragazzo newyorkese o persino ruoli di commesso e seppur avendo maturato una certa esperienza, non riesce ad essere competitiva nel mercato del lavoro, poiché le aziende prediligono i ventenni. Potete leggere a tal proposito
Ventenni rubano posti di lavoro. E fra qualche anno anche loro saranno depredati.
Ho girato e giro ancora tra ufficio collocamento e agenzie del lavoro e non lo faccio per svolgere un’inchiesta giornalistica, ma semplicemente perché anche il sottoscritto fa parte della lunga lista di disoccupati che vedono trascorrere i propri giorni, vedendo la strada, i cartoni e la mensa dei poveri sempre più vicini.
La situazione descritta comprende molta gente e non è molto dissimile dalla mia. Anch’io ho fatto tutto e niente. Tanti lavori generici, tanto sudore per niente. Ho sgobbato in supermercati, ho scaricato camion e ho fatto anche la security.
Se avessi avuto anni fa’ la maturità che sento di avere adesso, non avrei tentato di prendere una laurea, non avrei mai provato a sognare di fare il giornalista, non avrei provato a fare qualsiasi lavoro "basta che paghino". Va be’, il fatto che paghino è un altro discorso. Il 90% delle volte è stata una guerra per avere ciò che mi spettava e mi è capitato anche di non essere pagato, rimettendoci per di più, oltre a sudore e tanto stress, tanti soldi di benzina per raggiungere il posto di lavoro.
Per quanto il riguarda il discorso della laurea, non dico che non serva, ma è meglio affrontare certi sacrifici, per le cosiddette “lauree spendibili”, ovvero per quei corsi di laurea che permettono anche a chi si è laureato con dei punteggi non proprio eccelsi, di entrare in un ambito professionale e migliorarsi col tempo e la pratica. Un esempio possono essere la laurea in Scienze Infermieristiche o in Radiologia, in pratica titoli di studio per quelle professioni per le quali c’è poca domanda e molta offerta di lavoro. Ovviamente bisogna sudare sui libri per ottenere quelle lauree, non c’è dubbio, ma se proprio si è portati per lo studio, tra Giurisprudenza, Economia, sarebbero preferibili una facoltà di Ingegneria o Medicina. A mio modesto parere, il resto delle lauree, che offrono un buon bagaglio culturale, ma niente di più per essere vendibili nel lavoro, penso che siano inutili. Come dice Mourinho, è una mia personale opinione, ma è anche quella di un ex studente di Lettere che si era accorto di buttare gli anni migliori della sua vita sui libri. Attendo critiche, perché molta gente si diverte ad attaccare i miei post.
Adesso, armato di tanta umiltà, mi sono gettato “ai piedi di Cristo”, andando a domandare a vari artigiani del settore degli impianti, se potesse servirgli un aiutante, un apprendista. Mi sono proposto anche di lavorare gratis, pur di acquisire delle competenze. Niente. Dicono tutti che non è periodo o ti guardano quasi con pena per poi risponderti di no.
A venticinque anni non si è vecchi, ma non si è nemmeno più dei ragazzini, e se non si possiede delle precise capacità, si è fuori dal mercato del lavoro.

Francesco Favia



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