Questa mattina, uffici dell’Inps. Arriva il mio turno,
busso, entro. Un tizio dalla scrivania mi accoglie in malo modo. “Cosa vuole!?”
Mi fa. Nemmeno fossi entrato a sproposito o gli avessi citato i suoi cari
estinti.
E fin qui, la maleducazione e la superbia di chi ti guarda
dall’alto del suo posto fisso la posso anche tollerare. Tra l’altro io sono
maleducato e superbo pur essendo un eterno precario, quindi in fondo sono più
forte di questo impiegatuccio in questo gioco di ruoli. In ogni modo, essendo
un ottimo attore, riesco a sopprimere le mie più naturali reazioni e mi
comporto da persona civile, cittadino esemplare che ha bisogno di un semplice
estratto conto previdenziale.
Oggi era anche la prima volta che mi recavo in questi maestosi
uffici in quasi trent’anni di vita, non credevo di essere stato così
inopportuno a richiedere questo semplice pezzo di carta stampata. Tra l’altro
non avevo sbagliato a prendere il numero, non avevo sbagliato stanza, lui era
qui per questo, a fare delle semplici stampe.
Al di là del suo fare inspiegabilmente minaccioso, questo
dipendente pubblico estraneo alla crisi mondiale, si è mostrato un
megagalattico incompetente.
Facendola breve, non riusciva a trovare la mia situazione.
Presuntuoso, arrogante egli. Allarmato e infastidito il sottoscritto. Mi
domanda in stile terzo grado che lavoro facessi. All’udire call center mi
guarda un po’ schifato e un po’ come nel dire “stai messo male”
Tuttavia io più volte ho cercato di fargli notare che a
prescindere dagli ultimi due anni in un call center col contratto a progetto,
non era possibile che non risultasse proprio nulla. Insomma tra agenzie
interinali e qualche altro lavoro a chiamata, qualche contributo ricordavo di
averlo anche ricevuto.
Mi rimanda al piano di sotto, all’ufficio che si occupa
della gestione separata.
Dopo aver fatto una corsa al piano terra a prendere di nuovo
il numerino, aspetto nuovamente il mio turno, vengo accolto da un altro
lavoratore che non mi risponde al saluto e mi ascolta stravolto stropicciandosi
la faccia. Erano le 9:30 del mattino, giornata appena iniziata, non oso
immaginare stasera in che stato tornerà a casa, presumibilmente esausto.
Sarcasmo a parte, questo impiegato per lo meno mi ha ascoltato, si è mostrato
gentile e si è sforzato di risolvere il dilemma.
Dopo un po’ di ricerche, trova il mio profilo nell’archivio.
Effettivamente la gestione separata c’era, ma è riuscito anche a trovare tutti
i contributi precedenti.
Ad un certo punto alza un po’ i toni. Io tra me, stavo già
dicendo “Ecco, un altro esaurito…” Invece mi stava chiedendo chi fosse e cosa
avesse fatto questo collega.
Io rispondo di non prendersela con me, ma appunto con lui.
Un po’ lo capivo, anch’io alle volte mi sono trovato a risolvere le
incompetenze di alcuni colleghi sul lavoro e magari a sorbirmi ingiustamente
lamentele a riguardo.
Comunque sia, colui che ha portato via tutte le mie paure ha
commentato con ironia: “Il collega sta ancora a festeggiare con lo champagne”.
In conclusione, a mio avviso, una “svista” di una persona
poco dedita al lavoro, o diciamocela, poco grato della fortuna che ha avuto
nella vita e magari, forse si, forse no, anche raccomandato, in certi contesti
può anche notevolmente complicare la vita di un mortale cittadino.
Francesco Favia
2 gennaio 2012
www.nonsolocronache.com
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